sabato 21 gennaio 2012

POLPETTA...SEI UN PO' SCEMOTTO...


Oggi gioco in casa...Beh, non proprio in casa, nel senso che non sono ad Arquata, ma nella mia città natale, quella dove sono nato e cresciuto, e dove ho mosso i primi passi da giocoliere...


Eccomi quindi a Sarissola, in una casetta di legno molto caratteristica che ricordo fino da quando ero bambino, a festeggiare una bellissima bimba di nome Alessia.


Tra gli invitati spiccano solo un paio di maschietti (in realtà poi erano tre), sopraffatti in numero e sostanza da una dozzina di assatanate femminucce (ma una volta non eravamo noi maschi gli assatanati?!).


Una bimba di nome Egle a un certo punto mi si avvicina per esprimere il suo parere: “Polpetta...sei un po' scemotto...”. Io pensavo di aver capito male, così me lo sono fatto ripetere...Ma voleva proprio dire quello! Non contenta dopo qualche minuto è ritornata per ribadire il concetto...Ma quando le ho chiesto se dovevo cambiare il mio nome in pagliaccio “Scemotto”, mi ha confessato che pagliaccio Polpetta è più bello, fa molto più ridere...


Con Alessia, Egle, Alice, Riccardo, Alessandro (quello che voleva assolutamente il palloncino a forma di dinosauro per sè e per la nonna...Mi ha tenuto alle corde fin quando non mi sono ricordato come si faceva...) e tutti gli altri ci siamo proprio divertiti, comprese alcune mamme (i loro complimenti sono la cosa più bella, dopo i sorrisi divertiti dei bambini...).

Un ringraziamento speciale al mio amico Marco, che poi era anche il papà della festeggiata, che si è prestato a farmi da facchino e fotografo, oltre che cameriere. Con lui ho ricordi molto lontani, quando ancora avevamo l'età di Alessia o poco più...E' sempre fantastico ritrovarsi dopo tanto tempo!


Cara Alessia, ancora tanti auguri per i tuoi freschi cinque anni (P.S.: un po' ti invidio, lo confesso...)


Alla prossima festa,
Polpetta

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Arricchisce chi lo riceve

senza impoverire chi lo dona.

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ma il suo ricordo rimane a lungo.

Nessuno è così ricco

da poterne fare a meno

Nè così povero da non poterlo donare.»

(Padre Faber)