mercoledì 29 dicembre 2010

Auguri Manuela e...Rabarbaro!

Tutto è pronto qui all'oratorio San Giovanni Bosco , manca solo Polpetta...Ma dove cavolo si è cacciato? Eppure di solito è molto puntuale...Ah eccolo finalmente, sta per entrare con la sua buffa valigia piena di cianfrusaglie di ogni genere.



Parte la musica, poi via alle presentazioni: i festeggiati stavolta sono due, ma come al solito Polpetta non capisce i loro nomi, secondo lui Rabarbaro è un nome possibile, anche se più adatto a una pianta che a un bambino...


Poi ci sono gli aiutanti, Gabriele, come l'arcangelo, Anastasia, come la principessa, Ester, come quella famosa nuotatrice di tanti anni fa...Tutti ottimi aiutanti, senza i quali Polpetta farebbe molta più fatica.


C'è anche un volontario preso a caso tra il pubblico, uno molto grosso, probabilmente un ripetente secondo Polpetta che non apprezza il fatto che sia più alto di lui. In realtà si tratta di un adulto, per la verità non troppo sveglio, di nome Silvio, no...Luigi, no...Simone,...no, forse Stefano, che addirittura cerca di mangiare la brioches di Polpetta. Alla fine, però, anche questa volta il nostro prode pagliaccio riesce ad avere la meglio e a dimostrarsi più intelligente e furbo (non è poi così difficile, visto l'avversario...).


Dopo svariati numeri di grande abilità (quando si scrivono questi resoconti gli aggettivi superlativi si sprecano, anche se non corrispondono molto alla realtà), Polpetta presenta il taglio delle torte, dopo aver invano cercato di convincere i bambini che almeno una delle due è la sua personale e che di conseguenza non deve essere mangiata.


Delle torte non sono rimaste che le briciole, meno male che Polpetta ha fatto merenda con la brioches di prima e una mela uscita dal taschino dei pantaloni durante il numero da giocoliere. Giusto il tempo per qualche palloncino e per i saluti finali e Polpetta sarà pronto per una nuova avventura! (Ogni festa la è...).


Torte di compleanno - Polpetta 1-0


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Nessuno è così ricco

da poterne fare a meno

Nè così povero da non poterlo donare.»

(Padre Faber)